Le compagnie aeree offrono ai loro passeggeri giornali di diversi paesi e visto che il tempo a bordo sembra non passare mai si ha il tempo di confrontarli, vedere come trattano le stesse notizie e, nel nostro caso, come usano la fotografia.
Prendendo Repubblica e l'International Herald Tribune, dunque due giornali "colti", si sperimenta il differente peso dell'informazione visiva per gli uni e gli altri. Gli esempi qui riportati vogliono dimostrare non tanto che la scelta di una foto sia meglio di un altra (tutto è opinabile), quanto che è la filosofia generale a determinare le singole scelte, che a ritroso questa stessa definiscono e precisano. La tesi di fondo è che, laddove i giornali italiani rendono unidimensionale ogni fotografia, altri, fuori dall’Italia, provano a modulare con maggiore varietà i registri, gli utilizzi e gli scopi, con un’attenta considerazione della differenza che intercorre tra i diversi media: internet e la carta stampata non sono la stessa cosa. La grammatica, la sintassi, e l’equilibrio tra parole, immagini fisse, video, grafici, interattività, rendono i due strumenti complementari: non ha senso trasferire un modo di agire e di pensare da uno all’altro mezzo, senza un’analisi critica che permetta di utilizzare al massimo le potenzialità di ciascuno. Sbagliare e confondere i due ambienti porta inevitabilmente a fare scelte che impoveriscono il linguaggio e attenuano la forza comunicativa. Un video interessante ridotto a una sequenza stampata di fotogrammi di bassa qualità spesso si rivela perdente. Allo stesso modo l’utilizzo puro e semplice di immagini in sequenza su internet restituisce un prodotto piatto e noioso, più vicino alle famigerate proiezioni di diapositive post vacanza che al cinema o alla tv.
Per l’analisi delle diverse sezioni partiamo dalle copertine: La Repubblica utilizza una foto sola, un’immagine dei festeggiamenti nel bar di Bagnone dove è stato venduto il biglietto milionario. La foto è piatta, non si sa da chi sia stata scattata (un’agenzia locale? un amico del barista? il cronista che ha scritto il pezzo?). Poco importa, perché la foto contiene come unica informazione il fatto che all’estrazione sono seguiti dei festeggiamenti. Le persone ritratte non sono identificate e dunque non si sa se tra quelle ci siano i gestori, gli unici in teoria a dover festeggiare. La didascalia è molto scarna “I festeggiamenti al bar di Bagnone”. L’unico ruolo della fotografia è quello di ribadire e confermare la notizia già riportata dal titolo. Nelle due pagine seguenti una grande foto orizzontale mostra ancora i festeggiamenti, questa volta con la variante dell’immancabile spumante. La didascalia recita: “La gioia. La festa davanti al bar di Bagnone dove è stato vinto il Jackpot”. Anche in questo caso le persone non sono identificate e non si sa quale sia la fonte. Viene ripetuto semplicemente lo stesso concetto di prima.
La prima pagina dell’IHT contiene invece diverse immagini. La più significativa, quella che apre in alto a sinistra il giornale, mostra delle studentesse in una scuola di Kandahar, in Afghanistan, e introduce uno speciale sulla condizione femminile nel mondo, che prosegue con testi e immagini nelle pagine interne 4 e 5. La foto è stata scattata da Lynsey Addario, una delle migliori fotogiornaliste contemporanee, su commissione del NYT. La didascalia recita: “Studentesse della Scuola Femminile Mirwais Mena nei dintorni di Kandahar. Nel 2001 in Afghanistan l’istruzione femminile era ancora bandita, oggi studiano circa 2,6 milioni di ragazze”.
La qualità delle due fotografie di apertura è incomparabile e non tanto per motivi estetici, quanto per il significato che viene dato alle immagini nella comunicazione. Repubblica utilizza questa fotografia come mera prova, reperto da indagine di polizia, arma del delitto (unica possibile variante l’immagine retorica, emblematica), per l’IHT è uno strumento per raccontare storie, per raccontare il mondo.
Le news internazionali riportano la liberazione del libico Abdel al-Megrahi, unico responsabile accertato per l’attentato di Lockerbie, e la conseguente trionfale accoglienza a Tripoli riservatagli dalle autorità del suo paese, nello stupore della comunità internazionale. La notizia si trova a pagina 3 dell’IHT e 9 della Repubblica. Come è ovvio non è tanto la liberazione ad essere interessante, quanto la festa riservata al vecchio terrorista. In Italia assume un sapore particolarmente amaro ripensando alla grottesca visita del colonnello Gheddafi in Italia nel luglio scorso. La Repubblica utilizza cinque immagini, due singole e una sequenza: l’incontro di Berlusconi e Gheddafi impegnati in una fraterna stretta di mano, la scena del disastro di Lockerbie, ed infine la sequenza di 3 fotogrammi, tratti dalla televisione, che mostrano l’approssimarsi, il baciamano e l’abbraccio finale tra il colonnello e Al-Megrahi. La notizia è evidentemente questa, la foto d’archivio è un rimando alla causa della condanna del terrorista, l’altra la prova dell’imbarazzo dell’Italia, in Occidente tra i principali amici Gheddafi. Il problema è che la fotosequenza quasi non esiste, si tratta semmai di una striscia di macchie scure e quasi indistinguibili, in cui l’identità dei personaggi è chiarita solo dalla didascalia. Avendo tratto quelle immagini da un video è venuto spontaneo utilizzare una sequenza temporale. Se una persona ha visto il giorno prima il video in televisione o su internet, troverà questa informazione visiva molto povera. Chi non l’ha visto, non lo troverà di certo interessante. Si potrebbe segnalare semplicemente che il video è visibile e disponibile sul sito del giornale, per chi sentisse l’urgenza di vederlo.
Un’immagine fissa avrebbe potuto avere un altro scopo e un altro impatto se usata consapevolmente.
Deve averlo pensato anche l’IHT, che, pur non facendo nulla di particolare, pubblica una onesta foto di agenzia (autore Amir Nabil dell’Associated Press) in cui si vede Al-Magrahi scendere dalla scaletta dell’aereo accolto da alti ufficiali libici e da sostenitori vestiti uniformemente, probabilmente precettati dal regime. Questa immagine si fa ricordare, i 3 fotogrammi video di bassa qualità si dimenticano subito.
Le immagini fisse e quelle in movimento si imprimono in maniera diversa nella mente, il ricordo di quelle fisse è forte e duraturo, molto più difficile ricordarsi le immagini di un video. Ecco perché l’utilizzo dei fotogrammi televisivi e cinematografici è spesso perdente e va effettuato con attenzione. Si aggiunga che le breaking news ormai vengono fruite attraverso televisione e internet, pertanto i giornali, che arrivano sempre e comunque in ritardo, devono necessariamente guardare gli eventi da punti di vista diversi. A parziale discolpa, tiro a indovinare perché non ho potuto vedere i telegiornali di quel giorno, si può immaginare che i notiziari al cloroformio dell’informazione patria non abbiano molto battuto sul fatto che un caro amico del nostro presidente del consiglio accoglie come eroi criminali e terroristi conclamati, e pertanto a Repubblica abbiano sentito il dovere civile di ricordare, anche visivamente, questo ennesimo obbrobrio. Resta tuttavia che l’utilizzo del linguaggio fotografico risulta in definitiva poco efficace. Dal punto di vista dell’esito estetico, che giustamente su un quotidiano arriva ultimo, la resa è assolutamente pessima.
La sezione sportiva offre a un giornale la possibilità di liberarsi delle prudenze politiche e diplomatiche e di sperimentare, raccontare storie. L’argomento principale sono i Mondiali di Atletica a Berlino, a cui entrambi i giornali hanno dedicato ampie sezioni. Le vicende trattate sono più o meno le stesse, in particolare la supremazia di Usain Bolt e dei giamaicani nella velocità e i dubbi sul sesso della mezzofondista sudafricana Carsten Semenya. Domenica 23 agosto erano le staffette della velocità, 4x100 maschile e femminile, a tenere banco.
Repubblica sceglie 3 foto di gara. Nella principale si vede frontalmente, leggermente dall’alto, l’arrivo della staffetta maschile vinta dalla Giamaica. Le due foto di spalla vorrebbero dimostrare il tradizionale impaccio americano, maschile e femminile, nel passaggio del testimone. L’argomento è vecchio ma pur sempre interessante, le due foto dovrebbero essere la prova (ancora sempre e solo quello si chiede alla fotografia) che effettivamente così è andata. Purtroppo si tratta di una scelta infelice: l’errore, che era probabilmente evidente nelle immagini televisive, nel congelamento fotografico si perde completamente, le due immagini non raccontano né un momento culminante, né uno sospeso, semplicemente fanno ricordare, a chi le ha viste, le immagini televisive del giorno prima. L’unica cosa che penso dopo aver visto queste foto è che sarebbe stato molto meglio guardarmi la diretta o raggiungere un internet point per una replica, piuttosto che comprare il giornale. Tra la brutta, bruttissima copia e l’originale vince sempre l’originale. Il consiglio sarebbe quello di provare a fare qualcosa d’altro e non replicare gli schemi televisivi.
L’IHT sa che replicare visioni televisive è suicida come politica e decide di puntare su una storia: la Giamaica ha sbaragliato tutti gli avversari nella velocità. Si parla di quello. La foto grande mostra il saluto di Bolt ai tifosi, mentre una foto più piccola i volti di due velociste giamaicane. Niente di particolare in questo caso, semplicemente si evita la ripetizione di qualcosa che in video aveva una forza incomparabilmente maggiore. Se alla ripresa si tolgono il movimento, il rumore, il pathos dell’incertezza, si ottengono fermo immagine statici e inutili.
L’IHT punta l’attenzione sugli occhi di Luca Badoer, in macchina con la visiera alzata, che fissa il vuoto con uno sguardo molto concentrato, la suggestione porterebbe a dire preoccupato. Anche attenendosi ai fatti quelli sono gli occhi di un pilota vecchio 2 volte il più giovane concorrente, che torna alle corse dopo anni da collaudatore e terzo pilota e sostituisce un collega vivo per miracolo dopo un incidente. Arriverà pure ultimo nelle prove. Quella a mio parere era la storia e la foto, di Ercole Colombo, fornita dalla Ferrari alla Reuters, la racconta.
Scorrendo i due giornali ci sono differenze anche più evidenti, si vedano i commissionati affidati dall’IHT ad alcuni dei migliori artisti o fotogiornalisti contemporanei, come Katy Grannan, autrice dello splendido ritratto di una donna pakistana di Lahore insieme alla figlia, in lotta per la propria emancipazione in una società maschilista. Ma non è questo il punto, non si pretende la stessa disponibilità finanziaria, si sono scelte notizie in cui entrambi, allo stesso prezzo, potevano accedere alle stesse immagini.
Federico Della Bella