Il programa di Adobe compie 20 anni, indubbiamente una data importante per uno dei più usati, amati, rispettati e odiati software degli ultimi tempi. Sicuramente longevo e sempre innovativo, ha determinato, in questo ventennio, l’evoluzione della fotografia da mero strumento di registrazione artistica, del talento e del genio di alcuni, ad arma di decostruzione concettuale della realtà.
Ricordo il primo Photoshop che acquistai era qualcosa tipo il 2.0, allora la ram costava “unmilionedilire” a MB e iniziai a capire che i computer non sono mai abbastanza potenti. Quando comprai il 4.0, un vero evento per la grafica che grazie all’avvento dei “livelli” cambiava i piani di trasparenza e di profondità di immagini pubblicitarie, libri e riviste, mi accorsi però che il timbro-clone sarebbe diventato il futuro, di tutto. Con Photoshop 7.0 capimmo che tutto era clonabile. E che la realtà non poteva più apparire per quello che era. Vittima della tecnologia, delle mode e delle necessità di marketing che, attraverso una perfezione fasulla, indotta dalla necessità di addomesticare la realtà a budget-ignoranza-target, imponeva la completa dissolvenza dell’autore/soggetto.
Ora i computer si sono diffusi, Photoshop Extended 3D permette di fotografare dal cad (altro programma di progettazione virtuale) e costa sempre un botto di soldi (ma ci sono molti fuorilegge che lo sanno craccare), la tecnologia e le informazioni sono a portata di molti e si è creato un mercato di concorrenza che definire sleale è ridicolo. La concorrenza non esiste più. Vediamo ora l’implosione di una cultura estetica.
Partendo dal concetto di crisi/budget/costi ci si appoggia a improvvisazioni (la “pesca in internet” è lo sport giornalistico del momento, fonte: internet) per fare tutto, l’importante è che qualcuno sappia usare Photoshop: “tanto l’aggiustiamo poi in Photoshop!” E questo vale nel giornalismo quanto nella moda. Dal fumo aggiunto alle esplosioni alle “modellecassonetto” che nulla hanno da aggiungere alla ormai esausta icona femminile.
Personalmente, credo che l’avvento della fotografia digitale sia stata una fortuna per la riduzione (parziale, ovvio) dei costi, sicuramente degli sprechi, e per la libertà che questo ha dato ad innumerevoli pregiati talenti. Purtroppo è venuta a galla anche la meschinità di alcune persone che credono che la realtà sia al loro servizio e non ne accettano l’eventuale verità.
Abbiamo più volte cercato dalle pagine di questo sito di avvertire sui pericoli della fotografia digitale, partendo dalla manipolazione de facto arrivando alla ridondanza retorica di certi manierismi. Ma è giusto ora, nel compleanno del programma americano, semplicemente notare che l’evoluzione tecnologica non ha colpe sulla involuzione culturale della società. Le orecchie sono da tirare ai soliti asini che credono sia ancora molto più importante la macchina fotografica, la tecnologia e lo “share” che non il soggetto di una foto.
The message is the message.