- 159 pagg.
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Le questioni legate al diritto all’immagine e al diritto d’autore nella storia della fotografia e nella legislazione italiana e internazionale raccontate da uno storico della fotografia e da un giurista, docente di Diritto d’Autore. Se Zannier apre il libro con un excursus storico sulle controversie legali legate all’opera fotografica e all’evoluzione della giurisprudenza e lo chiude con un invito ai fotografi a non abusare dello status raggiunto, Niccolò Rositani definisce e spiega le principali norme che regolano la materia.
Zannier ricorda che in principio oggetto delle controversie sono stati i brevetti dei procedimenti fotografici e che il contratto firmato da Daguerre e Niepce è a tutti gli effetti l’inizio del rapporto tra fotografia e legge. Il racconto procede attraverso oltre un secolo e mezzo fino al caso delle fotodinamiche dei Bragaglia, attribuite dopo molti anni anche al terzo fratello Ludovico, episodio da cui scaturì una vicenda legale conclusasi con l’attribuzione esclusiva delle opere ad Anton Giulio Bragaglia, con l’assistenza del solo fratello Arturo. Nella storia uno statuto particolare, e particolarmente controverso, hanno avuto le riproduzioni di opere d’arte e le fotografie scientifiche.
Venendo alla giurisprudenza attuale sono 3 i principali punti analizzati da Rositani: il diritto dell’autore allo sfruttamento e alla salvaguardia delle proprie opere, il diritto dei soggetti ritratti alla tutela della propria immagine e la definizione del reato di plagio. Anche se dalla convenzione di Berna del 1887 le opere dell’ingegno hanno avuto una protezione a livello internazionale, il percorso della fotografia per ottenere il pieno riconoscimento è stato lungo e tortuoso, soprattutto nel nostro paese. Dal 1979 in Italia le fotografie si dividono in due categorie: quelle protette dal diritto d’autore, a cui è riconosciuto un valore culturale e di originalità e che godono di una piena tutela fino al settantesimo anno dalla morte dell’autore, e le fotografie semplici, a loro volta divise in fotografie a cui è riconosciuta comunque una tutela per 20 anni dalla data di pubblicazione, tramite i cosiddetti diritti connessi, e fotografie prive di tutela, quelle la cui unica ragion d’essere è la documentazione dell’oggetto ritratto.
Quasi un paradosso è che la fotografia gode così di un livello intermedio di protezione, garantito dai diritti connessi, non vigente per opere figurative prodotte con altri mezzi: in pratica una fotografia non considerata degna di diritto d’autore ha, almeno in teoria, un surplus di tutela rispetto a un dipinto o a una scultura aventi gli stessi scopi (didattici, illustrativi, ecc).
Resta da capire come può un giudice stabilire con cognizione storica e critica sufficiente il valore di un’opera, considerando anche la diffusa ignoranza in materia e il luogo comune che vede nell’esattezza tecnica il prerequisito fondamentale di ogni buona fotografia. Nella storia il valore culturale e il rispetto rigoroso dei dogmi della manualistica spesso non sono andati d’accordo e si sospetta che un giudice “medio” possa più probabilmente fare riferimento ai secondi.
Riguardo ai ritratti di persone la prima discriminante è se il soggetto si trova in un contesto pubblico, per cui può valere il diritto all’informazione, o privato, intendendo con questo anche la strada se il personaggio non ha rilevanza pubblica generale. Resta valido il principio che non esiste il divieto di scattare sul suolo pubblico, ma solo quello di pubblicare. L’utilizzo finale poi deve essere espressamente concordato col soggetto, soprattutto in caso di sfruttamento commerciale. La cessione dei diritti è altra materia delicata ed è uno dei casi in cui la differenza tra fotografia protetta dal diritto d’autore e semplice fotografia diventa decisivo, prevedendo la legge per le due tipologie tutele molto diverse. La determinazione del reato di plagio infine è anch’essa di difficile determinazione per un giudice che dovrebbe saper distinguere dotte citazioni da volgari contraffazioni.
Federico Della Bella