I quotidiani italiani firmano le foto?

Tra fotografi ci si lamenta spesso, con tono rassegnato, del fatto che i giornali italiani non firmano le fotografie che pubblicano. Abbiamo voluto verificare, con la ricerca che vi presentiamo oggi, la fondatezza di quest’idea. Non ci risulta infatti siano mai stati pubblicati dati scientifici e rilevamenti statistici sulla effettiva consistenza di tale convinzione. Abbiamo perciò provato a verificarla noi, partendo da una griglia di criteri la più semplice possibile. Sono stati presi in considerazione i cinque quotidiani che risultano avere la maggiore diffusione media in Italia (dati Audipress di febbraio 2012, i più recenti al momento della ricerca): Il Corriere della sera (478.000 copie), La Repubblica (432.000 copie), La Stampa (272.000 copie), Il Messaggero (190.000 copie), Il Giornale (151.000 copie). Non abbiamo preso in considerazione né i giornali sportivi (Gazzetta dello Sport e Corriere Stadio) né quello economico (Il Sole 24ore), che nella graduatoria della diffusione trovano posto in posizioni intermedie.
Abbiamo contato il numero di fotografie a vario titolo pubblicate nella testata presa in considerazione (comprendendo le cosiddette “testine” ed escludendo invece copertine di libri  o dischi, locandine, immagini di film, ecc.), per ciascuno dei giorni considerati (14, 15 e 16 maggio), scelti in maniera assolutamente casuale. Abbiamo poi verificato se di queste immagini venissero specificati, mediante dicitura affiancata alla foto o riportata all’interno della didascalia, i seguenti elementi:

-    il nome del fotografo autore dell’immagine,
-    il nome dell’agenzia che rappresenta il fotografo,
-    il nome combinato di agenzia e di fotografo.

Oppure se i nomi dell’agenzia e del fotografo fossero stati omessi.

 

Ne esce una tabella, di cui possiamo senza problemi riconoscere i limiti dovuti al campione temporale certamente limitato. Ci preme far notare peraltro, a spiegazione della nostra decisione – a seguito dei risultati emersi – di fermarci ad un campione così modesto, la assoluta costanza e dunque validità statistica, giorno dopo giorno, delle tendenze rilevate.

Passiamo dunque, dopo questa doverosa premessa metodologica, ad una breve analisi dei dati. Non abbiamo fatto lo sforzo di uniformare lo stile della relazione che ciascuno dei redattori di questo sito ha presentato al termine del periodo di osservazione. Ci è sembrato un modo anche per accogliere e restituire a voi lettori scritture e osservazioni di tipo diverso, pur avendo adottato la comune griglia di verifica già descritta.

 

Marco Vacca – Il Corriere della Sera
Dopo aver analizzato per tre giorni di seguito le pagine del Corriere della sera sul tema dell'uso della fotografia e della sua paternità alla ricerca di un criterio che potesse spiegarci quando e perché spesso le immagini non vengono firmate (o firmate solo parzialmente con l'attributo dell'agenzia o soltanto con il nome del fotografo) ritengo di poter affermare che, molto barbaramente, un criterio non esiste e tutto è assolutamente ed entropicamente casuale. Faccio un esempio: ci si aspetterebbe (e non dovrebbe essere così, perché nei giornali stranieri che usano le immagini civilmente, non lo è) che le cosiddette "testine" (le immagini della misura di un francobollo raffiguranti personaggi) non fossero firmate ed invece spesso e molto casualmente non è così. Ogni tanto troviamo la firma anche su quelle: le immagini di esteri riportano più spesso di altre il credito dell'agenzia. Nelle pagine culturali ogni tanto si fa il favore al fotografo "artista" di attribuirgli quel che è suo. In generale se ne desume che non esiste alcuna linea guida, non frega niente a nessuno di applicare questo tipo di correttezza deontologica alle immagini. La firma (come del resto la assoluta parzialità delle didascalie, quando esistono!) e quindi il riconoscimento dell'esistenza di un nome e non di un ectoplasma che ha realizzato quell'immagine, è assolutamente residuale ed estranea alla logica del giornalismo in via Solferino.

Per il resto i numeri parlano chiaro: in tre giorni e 384 immagini esaminate 309 ( all'incirca l' 80% ) non avevano crediti, 8 riportavano soltanto il nome del fotografo, 22 quello di fotografo ed agenzia e 45 solo il credito d'agenzia. Due parole a questo punto occorre dirle anche sulla qualità delle fotografie: brutte, scelte con una sciatteria tipica di chi infila la mano in un cassetto e tira fuori la prima cosa che capita. Criterio applicato in tutte le sezioni senza eccezione alcuna. La fotografia non viene usata per la sua funzione originaria ma semplicemente per rendere il giornale graficamente più sostenibile. Insomma un analfabeta almeno si sarebbe ispirato ad un qualche criterio. Qui c'è solo l' arroganza e la presunzione di dover impiegare nella fattura del giornale qualcosa che non si ama e non si rispetta.

 

Leonardo Brogioni – La Repubblica
Il dato significativo - come previsto - è lo scarsissimo numero di foto firmate. I numeri relativi a foto di stock e "panoramiche" può anche starci, ma c'è invece un altro dato che ritengo importante e da sottolineare: in tutti e tre i numeri del quotidiano preso da me in considerazione la percentuale delle cosiddette "testine" e di ritratti di personaggi isolati dal contesto (non datati, mezzi busti, figura intera, etc) è di circa il 50% se non superiore: a me sembrerebbe opportuno fare un conteggio esatto su tutte le testate perchè la cifra è esorbitante e indicativa dello scarso utilizzo delle potenzialità dell'immagine fotografica in Italia.


Monica Nardini – La Stampa
I giorno: su 122 fotografie contate (comprese, ovviamente, anche le numerose immagini sportive di “inizio settimana”), di sei se ne conosce l'autore, che le ha scattate per il quotidiano. Una di queste è riportata anche in Prima, ma senza credito. Di altre due è specificato il nome del fotografo e dell'agenzia.
II giorno: su una sessantina di fotografie, solo quattro sono accompagnate dal nome del fotografo: sono ritratti inseriti nella stessa pagina assieme a un quinto, del quale, però – diversamente dagli altri! – non è noto l'autore.
III giorno: su una settantina di immagini, solo una è affiancata dal nome del fotografo e dell'agenzia.

 

In conclusione: su circa 260 fotografie pubblicate su La Stampa nell'arco di tre giorni, solo di tredici (pari al 5%) è noto l'autore. Tra queste, di tre si conosce anche l'agenzia. Va precisato che sei delle tredici immagini sono relative a un reportage all'estero: nella didascalia della prima della serie c'è scritto “Foto di” e la precisazione “per La Stampa”. Una di queste è riportata anche in Prima Pagina, ma senza credito.
Quattro delle tredici fotografie di cui si conosce l'autore, inoltre, sono ritratti e sono inserite nella stessa pagina assieme a un altro ancora. Non si capisce perché quest'ultimo sia, però, privo di crediti. È una scelta o piuttosto una dimenticanza? Anche nel caso della Stampa, insomma, non pare esservi un criterio per la presenza o meno delle “firme”. Di sicuro è riservata più attenzione agli autori dell'infografica visto che, di tutti i 19 grafici complessivamente monitorati, è sempre specificato il nome dell'agenzia che li ha prodotti. Sono firmate anche le rare illustrazioni presenti (due).


Matteo Bergamini – Il Messaggero
La lettura del Messaggero riserva qualche sorpresa. La quantità delle foto è abbastanza alta (più di 3 foto per pagina, con punte di 15). La qualità, invece, decisamente bassa. Poche le foto di stock, spesso usate correttamente (anche se banalmente) a corredo di articoli di analisi, molte invece le immagini generiche (facciate di edifici, panorami, situazioni) solo lontanamente coerenti con l'argomento dell'articolo.
Di crediti, come d'uso in Italia, neanche l'ombra in tutto il giornale. L'unica eccezione è nella cronaca di Roma: nelle pagine dedicate alla cronaca degli eventi locali si trovano spesso dei "fotoservizi" sulla festa o sull'inaugurazione avvenuti la sera prima, composti da più immagini firmate.
Intuiamo si tratti di servizi commissionati, di colore, dove importa "avere" [fotografato] il calciatore o la velina da poter esibire a prova dell'importanza dell'occasione. Ma la frequenza (e l'unicità) di questa prassi ci fanno pensare che si tratti dell'iniziativa di un grafico, addetto alle pagine della cultura romana, che ha preso a cuore il problema e che se ne cura con determinazione e una certa costanza.
E' un baluardo di speranza o l'eccezione che conferma la regola?


Marco Capovilla – Il Giornale
Nell’arco di tre giorni Il Giornale pubblica 254 fotografie. Di queste, 203 sono prive sia del nome del fotografo, sia del nome dell’agenzia (l’80%), mentre un rimanente 20% riporta il solo nome dell’agenzia. Non è questo che a livello internazionale si fa nei confronti delle immagini nei giornali. Come già verificato in un nostro articolo pubblicato l’anno scorso, la maggior parte dei giornali stranieri a noi noti adotta la policy editoriale di riportare accanto alle immagini i nomi dei loro autori oltre a quelli delle agenzie che li rappresentano e distribuiscono. Quale crescita culturale sarà necessario innescare affinché nei giornali italiani si capisca l'importanza di questa prassi, che non è una semplice formalità, e nemmeno un pedaggio da pagare al narcisismo dei fotografi, ma un doveroso servizio nei confronti del lettore, per rendere trasparenti le fonti del giornalismo visivo della testata?
A questo dato aggiungo la grave mancanza, sul Giornale, di conoscenza del ruolo che l'immagine potrebbe avere nell'affiancare la componente testuale del giornale. Ma sono anche conscio che un simile livello di consapevolezza richiede una maturazione che nel giornalismo italiano nel suo complesso non è ancora avvenuta. Ne è una indiretta dimostrazione la scaletta degli appuntamenti ospitati dal recente Festival del Giornalismo di Perugia, che, come abbiamo già commentato su questo sito non ha ritenuto utile o necessario includere tra i dibattiti alcuno dei numerosi temi di cui dibatte il fotogiornalismo contemporaneo.