Osservatorio questa volta si occupa di una triste storia di fotografia violata, che si articola in tre movimenti. E' una storia che riguarda il giornalismo, ma non solo. E purtroppo è senza lieto fine.
Mancava poco alla festa della Liberazione del 2009 e la Regione Liguria si apprestava a preparare un manifesto celebrativo. Il testo veniva scelto dalle note di un partigiano (Aldo Gastaldi, detto "Bisagno"). La foto, invece, spunta da un mazzetto di scatti d'epoca, messi a disposizione dell'Istituto della Resistenza: quattro uomini chini su una mappa, in un interno luminoso, camicie spiegazzate ma capelli a posto e sorrisi partecipi. Una immagine frutto del lavoro di un anonimo fotografo. Apparentemente un'istantanea, ma in realtà no. Infatti si tratta di una foto posata (oggigiorno si direbbe
staged), realizzata su richiesta di un cronista dell'epoca, a detta di Elvezio "Il Santo" Massai.
Partigiano anch'egli, è coprotagonista dell'immagine incriminata, e ne racconta la genesi in un'intervista pubblicata dal quotidiano
Il Secolo XIX.
Non bastava, però, avere un'immagine fasulla. D'altronde andava bene anche ai giornali del 1945, sostiene Massai, che la pubblicarono come "vera". C'era ancora qualche elemento "di disturbo": le armi, una bomba a mano e una rivoltella che i partigiani tengono in bella vista sul tavolo, sono sembrate poco attuali, tanto poco da meritarsi di sparire sotto un rassicurante ritocco fotografico.