The Guardian: 1 giornale, 5 fascicoli, tante fotografie

  • didascalia: Coming Home - A conforting arm and a veteran's salute yesterday as the conffins of six soldiers killed in Afghanistan pass through Wootton Bassett Afghanistan.
  • firma: Dan Kitwood / Getty Images
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
The making of an American soldier e 100 years of great press photographs sono due dei cinque fascicoli che compongono il Guardian di mercoledì 11 novembre. Inutile cercare in Italia, le versioni che arrivano nel nostro paese sono ridotte, per alleggerire il peso della spedizione. Bisogna andare sul posto, o essere abbonati, per vedere il giornale completo. Nel complesso il numero in questione costituisce una lettura e soprattutto una visione davvero impressionante, a cui non siamo abituati. Per il ruolo che ha la fotografia e la cura e l'attenzione con cui è scelta.
  • didascalia: The Bodies of five soldiers shot by an Afghan policeman, and the body of a separately killed soldier, arrived back in England yesterday and their cortege travelled through Wootton Bassett
  • firma: SWNS.COM
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
Il fascicolo principale, che contiene le notizie principali è aperto da una fotografia molto grande, che è il primo strumento con cui il giornale sceglie di rivolgersi ai lettori. Si vede il saluto commosso e il dolore per il ritorno in patria dei corpi di sei soldati inglesi uccisi in Afghanistan, proprio nei giorni della commemorazione delle vittime e della vittoria nella Grande Guerra. L'immagine è dura e diretta, non cerca di abbellire o di nascondere la realtà, così come lo è la grande foto alle pagine 4 e 5, in cui si vede il corteo funebre. Una tradizione che non ci appartiene molto, queste fotografie sono fotografie-fotografie, difficilmente offrono spunti per collegamenti e rimandi alla pittura. Non intendendo con questo che avere riferimenti culturali “alti”, provenienti dalla storia dell'arte e dalla nostra cultura sia in qualche modo sbagliato, anzi, spesso questi aggiungono chiavi di lettura sorprendenti. L'opera di James Nachtwey o quella di Sebastiao Salgado sarebbero essenzialmente incomprensibile senza questi riferimenti, parte della loro forza e del loro successo deriva da questo spessore culturale. Tuttavia un ostinato riferimento alla pittura risulta alla lunga fuorviante se applicato al giornalismo. A volte, alla ricerca di questi rimandi, non si riesce a vedere la fotografia per quello che è. Che è anche ovviamente influenzata dalla pittura, ma, soprattutto quando ha come dovere informare e si trova sulle pagine dei giornali, svolge una diversa funzione e anzitutto a quel compito primario deve rispondere. La realtà, con tutta evidenza, non è come un quadro di Caravaggio, e se sono senz'altro fondamentali le interpretazioni e le chiavi di lettura personali, certamente lo è anche mostrare il disordine e il caos del mondo.
  • didascalia: Tatsuya Ichihashi, covered in a cloth, arrives in Tokyo for questioning about the murder of Lindsay Hawker
  • firma: Kyodo / Reuters
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
C'è un aggettivo con cui vengono spesso descritte queste fotografie, così presenti ad esempio sui giornali inglesi e su quelli tedeschi tipo Stern, ed è gritty. Consultando il dizionario Garzanti si trova che le traduzioni possibili sono due, da un lato sabbioso, granuloso, dall'altro coraggioso. Ecco, credo che questo aspetto della fotografia di news manchi dalle pagine dei nostri quotidiani.
  • didascalia: Wasteland - Heat and drought fuelled wildfires that devastated California last year may convince the US that global warming is a reality, and carbon emissions must fall.
  • firma: David McNews / Getty
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
A pagina 9 si può vedere un altro di questi esempi, con l'arrivo a Tokyo di un uomo indagato per l'omicidio di una giovane insegnante britannica.
  • didascalia: Pay Fight - Firefighters demonstrate in Budapest for better pay and against austerity measures. Hungarians are also angry with foreign banks that stopped lending when crisis hit.
  • firma: Bela Szandeszky / AP
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
Analoga posizione centrale occupano una fotografia degli incendi californiani, a supporto di un pezzo sulle trattative per le riduzioni di CO2 previste a Copenhagen e un'altra a pagina 22-23 che mostra una manifestazione di pompieri in sciopero per salari migliori a Budapest.
  • didascalia: The focus was on Sunderland's Darren Bent yesterday as England trained in London Colney for the match against Brazil in Doha on Saturday.
  • firma: Tom Jenkins
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
In tutte queste doppie pagine le fotografie occupano una posizione centrale e fungono da vera introduzione all'argomento, non da mero corollario visivo, illustrativo o, peggio, decorativo.

La doppia pagina 20-21è interamente occupata da un'immagine che mostra un free climber in cotroluce su una parete di roccia in Cina. La fotografia, sotto il titolo della rubrica “Eyewitness”, presenta un festival di alpinismo sostenibile che si terrà proprio nella località in cui è stata scattata la foto.

  • didascalia: 1968 - Words shed their power before the majesty of this view of Earth from the moon; "Earthrise," the Apollo 8 mission commander Frank Borman named it. Anders actually shot it from his position in orbit, that is, with the moon's surface vertical.
  • firma: William Anders / Time-Life Pictures / Getty
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
Terminata questa lettura si potrebbe già essere soddisfatti. Tuttavia negli inserti Società e Sport, si trovano ancora molti esempi interessanti, che cercano rispettivamente di entrare nell'intimità delle vite di gente comune che ci si propone di raccontare e di mostrare la bellezza dello sport, evidenziandone la fatica, il dolore, il sudore, la durezza degli scontri. Un utilizzo in questo caso quasi cinematografico, che dunque rifugge il più possibile da meccanici accostamenti illustrativi, dalla perversa dinamica testo+foto.
  • firma: Foto di: Alberto Korda, Josef Koudelka, Ed van der Elsken, anonimo
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
Ma sono i due ultimi inserti a mostrare chiaramente il peso che l'informazione fotografica ha per il giornale britannico. Il primo è uno dei dieci inserti con cui Guardian e Observer hanno presentato 100 anni di fotografia giornalistica. In questo fascicolo, avente per copertina una fotografia fatta nello spazio da William Anders che mostra la terra vista dalla luna, toccava al decennio 1960-1969. Si vedono così la famosa immagine del Che di Albert Korda o l'orologio prima della rivoluzione di Josef Koudelka a Budapest. Ma anche alcune incredibili fotografie a colori, come il ritratto di strada di due gemelle dai capelli rossi scattato in Belgio nel 1960 da Ed Van Der Elsken, ovvero l'interno di una piscina di Mosney, Irlanda ripresa da John Hinde. Ci sono anche il soldato tedesco in fuga da Berlino Est, nelle foto scattata nel 1961 da Peter Leibing, come pure immagini di Giacomelli, Philp John Griffiths e Don McCullin, Larry Burrows e Shomei Tomatsu. Non mancono le icone del Vietnam, da Malcolm Browne a Eddie Adams. Un fascicolo semplice, che, senza troppi ricami lirici, fissa nella memoria del lettore alcune scene del decennio, riprese dai migliori fotografi di news dell'epoca.
  • firma: Fotografie di: Larry Burrows, Eddie Adams
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
È però l'ultimo fascicolo, l'inserto G2, Guardian 2, il pezzo più interessante del giornale. Vi è contenuto infatti il reportage che Craig F. Walker ha costruito per il Denver Post in due anni, dall'estate 2007 all'estate 2009, mostrando le vicissitudini di un giovane, giovanissimo, ragazzo di Denver, di nome Ian Fisher che, ancora prima di prendere il diploma, a 17 anni, aveva deciso di arruolarsi. Seguiamo due anni della sua vita, tra amori che nascono e finiscono in un niente, come è normale a quell'età, con un corpo ancora in fase di crescita, con le debolezze e le ingenuità di un bambino, che vuole divertirsi, stare con i genitori, uscire e giocare (!) con gli amici. Ma che prestissimo ha il mitra in mano e viene inserito in un organigramma militare e infine parte per l'Iraq. Dalle armi della playstation a quelle vere in un secondo, senza neppure rendersene conto, come si potrebbe dire un po' retoricamente. La realtà è che sembra davvero troppo giovane e immaturo per fare la guerra. Ammesso che ci sia un'età giusta per farla.
  • firma: Craig F. Walker
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
  • firma: Craig F. Walker
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
  • firma: Craig F. Walker
  • fonte: The Guardian, 11 novembre 2009
Appena tornato, dopo un anno di missione, si sposa con la fidanzata del momento. Se forti sono le immagini delle esercitazioni e della sua permanenza in Iraq, ancora più sconvolgenti sono quelle di casa, dove si vede una realtà piuttosto triste, un ritratto impietoso della provincia americana. Sembra una terra lontana anni luce da quella che chiamiamo storia, lontana dal centro dell'impero più di molte città europee. Un'immenso suburbio fatto di centri commerciali, pick up, furgoni, supermercati, tatuaggi, felpe, scarpe e vestiti colorati, pieni di scritte, sempre all'inseguimento dell'ultima moda televisiva. Pensando ai soldati volontari spesso si è indotti a pensare: se la sono voluta loro. Guardando il ragazzino Ian impugnare il mitra nel deserto iracheno e vedendolo mentre gioca a fare la lotta con un amico durante una festa in cui la televisione è sempre accesa, ci si chiede quanto questa scelta sia libera e quanto indotta dall'ambiente e dalle circostanza. Osservando il centro di reclutamento di Denver, ci si chiede quanto questi ragazzi non siano ancora una volta carne da cannone.