a foto 1 Soggetto del dramma a sinistra e la distruzione della morte a destra. A Repubblica lo sanno meglio e hanno tagliato la foto aumentandone l'enfasi. Questa è retorica, creata dal fotografo sul campo e aggravata dai redattori nelle redazioni. Sono codici, che anche i lettori subiscono. Ci sono immagini che rischiano di essere usate come pulsanti di Pavlov, e la gente si abitua: a farle, ad usarle e ad accettarle. Risolvendo il problema della pluralità e della profondità dell'informazione. Senza con questo voler togliere nulla alla brutalità degli eventi. Mi stavo chiedendo perchè il WPPA 2004 è stato vinto da questa foto: link -> a foto 2 Soggetto del dramma a sinistra e "scarpette della normalità occidentale" sulla destra? E' una profonda dinamica inconscia, o sono miope? Ecco, ci aggiungo questo: link -> a software Un sistema di archiviazione (video al tempo) che volendo può essere gestito nella diffusione e fruizione delle immagini, anche semplicemente in base alla cromia o alla forma. A disposizione del wire che, come ho già espresso in altra sede, ritengo capace di creare istantanei "archetipi contemporanei" ri-scrivendo l'immaginario collettivo. A chi si stesse ancora chiedendo se il “fotogiornalismo”, quello romantico, sopravviverà a questa accelerazione che ha subito la realtà, anche in funzione di dinamiche industriali ed economiche, consiglio di dare un'occhiata qui: link -> alla soluzione Riassumo: cercar di fare foto, di sceglierle e di pubblicarle è un lavoro che non deve discostarsi da quello che vuole esserne la missione. Se è fotografia d'informazione, e questo credo sia il fotogiornalismo, ritengo non si debbano "interpretare graficamente" le informazioni in base all'estetica o alla necessità editoriale del momento. Deve continuare ad essere un'affermazione, inopinabile come sempre, ad appannaggio esclusivo del fotografo in quanto "testimone" di un evento o eventuale interprete di una realtà. Qualora egli rispetti il “soggetto”, aderendo ad esso, per bellezza e verità non per portfolio, epos o per l'editore. Se sono "illustrazioni fotografiche" è anche accettabile la mimesi o il "copia/incolla" da altre realtà, ma deve essere citato. Il percorso del fotografo “testimone” dev' essere difeso facendo inoltre molta attenzione alle “abitudini” editoriali. Ora ditemi voi cosa vedete, del visivo. Fabiano Avancini Se volete fare un altro giro in giostra...-> chiudete occhi. Poi sappiamo che viviamo nella realtà, che è una cosa diversa."> a foto 1 Soggetto del dramma a sinistra e la distruzione della morte a destra. A Repubblica lo sanno meglio e hanno tagliato la foto aumentandone l'enfasi. Questa è retorica, creata dal fotografo sul campo e aggravata dai redattori nelle redazioni. Sono codici, che anche i lettori subiscono. Ci sono immagini che rischiano di essere usate come pulsanti di Pavlov, e la gente si abitua: a farle, ad usarle e ad accettarle. Risolvendo il problema della pluralità e della profondità dell'informazione. Senza con questo voler togliere nulla alla brutalità degli eventi. Mi stavo chiedendo perchè il WPPA 2004 è stato vinto da questa foto: link -> a foto 2 Soggetto del dramma a sinistra e "scarpette della normalità occidentale" sulla destra? E' una profonda dinamica inconscia, o sono miope? Ecco, ci aggiungo questo: link -> a software Un sistema di archiviazione (video al tempo) che volendo può essere gestito nella diffusione e fruizione delle immagini, anche semplicemente in base alla cromia o alla forma. A disposizione del wire che, come ho già espresso in altra sede, ritengo capace di creare istantanei "archetipi contemporanei" ri-scrivendo l'immaginario collettivo. A chi si stesse ancora chiedendo se il “fotogiornalismo”, quello romantico, sopravviverà a questa accelerazione che ha subito la realtà, anche in funzione di dinamiche industriali ed economiche, consiglio di dare un'occhiata qui: link -> alla soluzione Riassumo: cercar di fare foto, di sceglierle e di pubblicarle è un lavoro che non deve discostarsi da quello che vuole esserne la missione. Se è fotografia d'informazione, e questo credo sia il fotogiornalismo, ritengo non si debbano "interpretare graficamente" le informazioni in base all'estetica o alla necessità editoriale del momento. Deve continuare ad essere un'affermazione, inopinabile come sempre, ad appannaggio esclusivo del fotografo in quanto "testimone" di un evento o eventuale interprete di una realtà. Qualora egli rispetti il “soggetto”, aderendo ad esso, per bellezza e verità non per portfolio, epos o per l'editore. Se sono "illustrazioni fotografiche" è anche accettabile la mimesi o il "copia/incolla" da altre realtà, ma deve essere citato. Il percorso del fotografo “testimone” dev' essere difeso facendo inoltre molta attenzione alle “abitudini” editoriali. Ora ditemi voi cosa vedete, del visivo. Fabiano Avancini Se volete fare un altro giro in giostra...-> chiudete occhi. Poi sappiamo che viviamo nella realtà, che è una cosa diversa." />