Greetings from Abu Ghraib, Iraq

  • didascalia: Flag-draped coffins are secured inside a cargo plane on April 7 at Kuwait International Airport. Military and civilian crews take great care with the remains of U.S. military personnel killed in Iraq. Soldiers form an honor guard and say a prayer as, almost nightly, coffins are loaded for the trip home.
  • firma: Tami Silicio
  • fonte: Seattle Times, 18 aprile 2004
  • titolo articolo: The somber task of honoring the fallen

La credibilità dell'esercito USA sta vacillando a causa di immagini scattate dall'esercito stesso, dai suoi appartenenti.

Già in Vietnam alcune fotografie che contribuirono alla sconfitta degli Stati Uniti furono realizzate dall'interno, cioè da fotografi-soldato, ma la maggior parte di questi ultimi erano professionisti dell'immagine arruolati. Oggi, dall'Iraq, sono le foto ricordo di soldati-fotoamatori a far tremare Casa Bianca e Pentagono, a diventare icone della guerra, a fare la storia.

Alla faccia di tutto il dispiegamento di mezzi di testate editoriali e televisioni che hanno speso milioni di dollari per coprire l'evento bellico: è bastata una macchinetta digitale a far balzare agli orrori delle cronache il carcere di Abu Ghraib e agli onori delle stesse la CBS, il New Yorker e il Washington Post che per primi hanno reso pubbliche le foto-notizie delle torture che i soldati americani stavano infliggendo ai prigionieri iracheni.

Con uno scatto è stato pure vanificato tutto lo spreco di energie che sono state spese dall’esercito USA per controllare i fotoreporter con l'escamotage dei giornalisti embedded .

Mai in passato la foto-ricordo è servita a formare la memoria collettiva come in questo caso: un orribile episodio che rende il termine drammaticamente e involontariamente appropriato.

A proposito di foto-ricordo della guerra in Iraq che entrano a far parte della memoria collettiva, bisogna tenere a mente le immagini realizzate dalla signora Tami Silicio, impiegata di una ditta che lavora a contratto con il Pentagono all'aeroporto internazionale del Kuwait. Questo Aprile la signora ha fotografato file di bare di caduti americani in Iraq, perfettamente disposte, all'interno di un aereo che le avrebbe portate da Kuwait City fino in patria. Sono immagini toccanti, sia per la grande quantità di feretri che si vedono (inevitabile simbolo dell'alto numero di vittime statunitensi provocate da questo conflitto), sia per la cura con la quale sono state disposte (una sorta di spontanea e commovente parata funebre).

Le foto sono arrivate alla redazione del Seattle Times - grazie al figlio della signora, che a sua volta le aveva ricevute via e-mail dalla madre - e il giornale le ha giustamente pubblicate.

Immediate le ire di Pentagono e Casa Bianca, immersi nella loro mentalità da "propaganda war": mai gli americani avevano visto tante bare messe insieme; il diffonderle avrebbe accresciuto i sentimenti pacifisti di un'opinione pubblica già abbastanza scettica nei confronti di questo conflitto e di chi l'ha voluto; nessuno doveva vedere il costo della guerra di Bush.

Conseguenza n. 1: i vertici militari hanno prima bloccato le immagini, poi hanno reso pubbliche (su internet) le loro foto ufficiali del trasporto delle salme e infine hanno oscurato il sito che le conteneva.

Conseguenza n. 2: la signora Tami Silicio è stata licenziata insieme al marito che non c'entrava nulla.

Conseguenza n. 3: le immagini pubblicate su Internet - anche se a disposizione per poco tempo - sono state subito "prelevate" e pubblicate da media grandi e piccoli.

Come ha scritto Vittorio Zucconi su laRepubblica del 24 Aprile 2004: "Una bugia di guerra è stata incrinata da una donna di mezza età con una macchinetta fotografica digitale". Potenza delle foto-ricordo.

Questo utilizzo da parte dei media di foto ricordo, talmente efficaci nella documentazione di un evento da diventare parte della memoria collettiva, è avvenuto dopo che l'autore o chi ne è venuto in possesso ha capito le potenzialità informative di quelle fotografie. L'autore (dilettante) non aveva come fine ultimo quello del raggiungimento di un risultato, giornalistico o estetico. L'esatto contrario di quello che fa il professionista, il cui compito è quello di ottenere un'immagine efficace (per sè o per chi lo ha incaricato di realizzarla). L'obbligo del risultato costringe il professionista alla progettualità; spesso si dice che professionalità significa anche progettualità, ma si dimentica che progettualità significa prevedibilità. Quest'ultima permette a chi vuole controllare l'informazione la possibilità di incanalare i risultati dei fotografi professionisti; in due modi: o censurando immagini già realizzate, o impedendo la realizzazione di immagini scomode.

Il caso delle foto delle torture nel carcere di Abu Ghraib e quello della signora Tami Silicio ci dicono che anche le immagini realizzate da dilettanti possono risultare scomode, in certi casi molto più scomode di quelle realizzate dagli ingabbiati professionisti, proprio perchè sfuggono alla prevedibilità.

Questo avviene quando le immagini dei dilettanti sono fatte dall'interno. In quei casi in cui il fotografo dilettante non è un rappresentante istituzionale della stampa, è una persona che appartiene alla comunità fotografata, ha libertà di accesso e di movimento, si presume che scatti delle immagini per un suo personale ricordo: insomma non è una figura da controllare.

Caratteristiche che rendono certe immagini, scattate in particolari situazioni, dei documenti unici ed eccezionali, proprio perchè nessun altro, se non un appartenente a quel microcosmo in cerca di souvenir, avrebbe potuto scattarle. Sono una sorta di inconsapevole scoop.

Addirittura è avvenuto che qualcuno si è reso conto della potenzialità dirompente di certe immagini realizzate in particolari situazioni. E cosa ha fatto? Ha progettato una serie di immagini ricordo realizzate da dilettanti.

E' il caso – in un contesto assai meno drammatico di quelli citati finora - di "Reality Giro", un breve inserto di TGiro, trasmissione tv di RAI3 che a fine giornata riassumeva e commentava la tappa del Giro d'Italia di ciclismo. "Reality Giro" è stata realizzata dal ciclista Nicola Loda (professionista dello sport ma dilettante delle immagini), al quale la Rai ha fornito una piccola videocamera digitale con la quale egli ha potuto filmare, dall'interno, il dietro le quinte del Giro d'Italia; dalla parte dei ciclisti, stando in mezzo ai protagonisti. Uno spaccato di realtà quotidiana su un mondo inaccessibile "perfino" alle telecamere ufficiali della RAI.

Oppure è il caso della manifestazione Photos de Star - da non sottovalutare perchè funzionerà sicuramente da precedente per qualche futura iniziativa editoriale - organizzata dall'associazione che opera per la libertà di stampa Reporters Sans Frontières, la quale ha chiesto a più di una trentina di artisti, cantanti, attori o presentatori televisivi, di scattarsi delle fotografie con diversi apparecchi fotografici usa e getta per poi donare questi ultimi all'associazione stessa affinchè potesse metterli all'asta con lo scopo di raccogliere fondi (89.000,00 Euro incassati!).

Insomma, l'addetto ai lavori sa perfettamente che - una volta realizzata - qualsiasi immagine interessante in qualche modo viene resa pubblica, esce dal microcosmo per essere "inglobalizzata" dai mass media.

Il problema è realizzarla, o farla realizzare.

Quali immagini potranno mai scattare i poveri fotogiornalisti professionisti presenti adesso in Iraq? Potranno mai farci vedere immagini che superano in potenza ed efficacia le drammatiche foto arrivate da Abu Ghraib e che sono diventate icone ricordo del conflitto?

Nell'inserto di Repubblica "Icona: Perchè alcuni scatti diventano memoria " di Sabato 19 Giugno sono state pubblicate alcune foto divenute icone della storia. Accanto al ritratto del Che, a quello di Ghandi, alla foto della bambina vietnamita vittima del bombardamento al napalm, alle immagini del D-Day e della Primavera di Praga, c'era anche la foto ricordo del prigioniero iracheno incappucciato scattata ad Abu Ghraib: l'unica, fra queste immagini, a non essere stata realizzata da un professionista.

Leonardo Brogioni

  • fonte: www.thememoryhole.org

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  • fonte: www.thememoryhole.org
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  • didascalia: A hooded and wired Iraqi prisoner at Abu Ghraib prison who reportedly was told that he would be electrocuted if he fell off a box.
  • fonte: www.thenewyorker.com
  • nota: Posted 2004-04-30
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  • didascalia: The body of an Iraqi prisoner, wrapped in cellophane and packed in ice.
  • fonte: www.thenewyorker.com
  • nota: Posted 2004-04-30
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  • didascalia: Two hooded and naked Iraqi prisoners made to simulate oral sex.
  • fonte: www.thenewyorker.com
  • nota: Posted 2004-04-30
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