L'Europeo n. 3 del 2010 è dedicato ai fotografi italiani che sono stati premiati nei 55 anni della storia del World Press Photo. Finora nessuna testata italiana aveva fatto questa scelta editoriale. Per L'Europeo l'unica sorpresa è, semmai, che lo fa in ritardo. Per molti motivi, a cominciare dal fatto -rintracciabile nei 50 anni del settimanale (1945-1995) - che l'immagine fotografica appartiene al Dna del giornale.
C'è una frase del direttore e fondatore de L'Europeo, Arrigo Benedetti, che può apparire un paradosso, ma non lo è: "Gli articoli si guardano, le fotografie si leggono". Non era una battuta, ma una filosofia editoriale che poi si incarnava in scelte precise, a cominciare dal rapporto tra testo e immagine, con la fotografia non impaginata come "corredo" ma come parte integrante di un servizio. Fotografia che non doveva solo descrivere, ma aggiungere informazione. Ed emozione.
Questa filosofia editoriale poi, nella storia del settimanale, si è incarnata in scelte precise: fotoreporter assunti all'interno della redazione, servizi da inviato sempre a due (inviato + fotografo) o con un'unica persona, che interpretava i due ruoli: come Ferdinando Scianna (inviato, fotografo e anche corrispondente del settimanale dalla Francia), come Duilio Pallottelli (corrispondente dagli Usa), come Gianni Roghi. Non è un caso che il secondo italiano premiato dal WPP sia stato, nel 1968, Gianfranco Moroldo. Era già famoso nel mondo per i servizi dal Vietnam, con Oriana Fallaci, ma allora fu premiato per le foto dal terremoto del Belice (quando, per capirci, il settimanale mandò una squadra di giornalisti e fotografi, tra i quali appunti il "Moro" e Scianna). Anche il "Moro" scriveva (mai quando andava con Oriana!), come ha fatto dalla guerra nel Congo, da Cuba, da servizi in Italia. Ma altri fotografi sono stati parte integrante della redazione del settimanale, basti pensare a Stefano Archetti, Evaristo Fusar, Enzo Luceri, Maurizio Bizziccari, fino a Piero Raffaelli. Una tradizione straordinaria, dunque. E irripetibile. Non perchè manchino i fotografi, semmai perchè mancano "quegli" editori. Ma qui il discorso sarebbe lungo.
La nuova serie editoriale della testata (numero unico "di prova" nel 2001, 2002-2003 trimestrale, 2004-2007 bimestrale, dal 2008 mensile) ha cercato e cerca di riprendere quel rapporto tra testo e immagine che era la forza del settimanale fino a fine anni Settanta, prima di adeguarsi al formato e al concept giornalistico dei newsmagazine, nei quali la fotografia finiva per essere un mero arredo e spesso un francobollo (con lodevoli e indimenticabili eccezioni, sia chiaro, ma appunto: eccezioni).
Quindi questo numero del mensile (il 64° volume dal 2001) non è una sorpresa, forse è in ritardo. Ma un ritardo fortunato: mai prima era successo che il WPP premiasse tanti italiani in una volta sola, e da 13 anni (dal 1996) si aspettava un altro italiano al primo premio assoluto, la Photo of the Year, e finalmente Francesco Zizola non è più solo, ora accompagnato da Pietro Masturzo, un giovane freelance. Una magnifica notizia, e un gioioso hurrà per Pietro.
Ma c'è un'altra cosa da sottolineare: questo numero de L'Europeo conferma che la magìa dell'immagine non solo non teme il confronto con tv e web, ma ha una diversità che la fa vincente anche sul lungo periodo. Nel nostro piccolo, a L'Europeo continueremo a cercare di seguire questa impostazione. Che non è solo editoriale.