La fotografia è morta ! in nome del video ?

  • firma: Mustafa Najafizada/Ap
  • fonte: Screenshot tratto da Lens http:lens.blogs.nytimes.com

Ogni tanto riaffiora qualche anima bella (il più delle volte non è un fotografo) che decide che nell'era della comunicazione globale e della velocità delle notizie, la fotografia è, se non quasi morta, sicuramente inadeguata. E' molto probabile che il sostenitore di questa  tesi abbia in mente l'editoria italiana o forse le versioni digitali dei nostri (sic !) quotidiani: disordinati, esageratamente pieni di banner, di fastidiosissimi pop up e filmati pubblicitari che si aprono ad ogni stormir di fronda tra un articolo e l'altro. E quindi come, per certi versi, dargli torto.

Tornando a noi, solitamente affermazioni del genere vorrebbero queste teorie suffragate da dati e allora vediamo: questo è un periodo molto turbolento e proprio per questo un ottimo termometro per misurarle, da Tunisi a Piazza Tahrir, dal Bahrein alla Libia passando per il terremoto in Giappone. E forse ancora Damasco.

Dunque si dice la fotografia è morta perché ha lasciato il passo ai video di ogni genere. La prima cosa che appare ai miei occhi è che sfoglio i giornali ed i siti di informazione e vedo dappertutto splendide immagini e molto spesso spezzoni di video amatoriali provenienti dalle varie piazze in rivolta e quindi messi on line. Mi è capitato di vedere di tutto e quel tutto mi ridava emozioni e senso del caos di qualcosa di nuovo e spesso grave che colà stava succedendo, ma non mi dava di certo più di questo. Ottimo contorno, di certo non informazioni immediatamente verificabili e comunque senza un padre ed una madre.

  • didascalia: Yemen: photos from Sanaa
  • firma: Karim Ben Khelifa
  • fonte: Screenshot tratto da: the daily beast www.thedailybeast.com

Spesso questi video girati con i telefoni erano succedanei della assenza (se non altro nei primi momenti) dei professionisti dell'informazione e del mondo tutto, colto di sorpresa dagli accadimenti. Le rivoluzioni in Tunisia Libia ed Egitto sono figlie di gente che insieme al pane e forse prima del pane vuole un futuro e quella voglia di futuro è passata di bocca in bocca, di messaggio in messaggio via Facebook e Twitter. Non c'erano molti volantini in Piazza Tahrir e non ho mai visto in vita mia tanta gioventù brandire altro che il proprio telefono e la voglia di riprendere qualsiasi cosa potesse ricordare la loro rivoluzione. E questo è un fatto. Altro però è per esempio affermare che questi eventi siano stati raccontati soltanto attraverso questa congerie di filmati. Quello è stato il rumore di fondo.

I tempi e la struttura stessa della televisione fanno si che di essa possa essere detto quello che si dice anche del maiale e cioè che non si butta via niente. In tv può passare qualsiasi cosa abbia la possibilità di fare da sottofondo a dei commenti quantunque opinabili o di circostanza, non necessariamente giornalistici.

Così è stato per esempio per L'eterno background di Piazza Tahrir inquadrato da Al Jazeira quando in piazza la situazione si è fatta incandescente: non aggiungeva niente all'informazione visiva, era soltanto un telone dietro le notizie spesso anche reiterate dello speaker. Il background diceva il dove e il quando, non certo il come il cosa ed il perché.

Le tv in questo ambito hanno una grande importanza, come è sempre stato. Non vedo però ridondanze tra questi ultimi eventi e il conflitto in Kosovo o la l'invasione in Iraq. Le piattaforme si sono espanse, fuori di dubbio, io stesso ho seguito Le notizie dell'Egitto guardando Al Jazeera e la BBC in diretta sull' Iphone, ma da questo a dire che tutto lo spazio è stato occupato dalla multimedialità e che quello dedicato alla fotografia si è ristretto ad un angolo del ring mi pare esagerato.

In genere guardando i siti on line della stampa anglosassone troviamo molti contributi audio e video ma nella sostanza niente ha sostituito l'importanza della fotografia.

Mi viene in mente ad esempio che solo il NYT ha in giro in Libia tra fotografi assigned e contributors almeno 6 persone. Ogni settimana su TIME c'è ampio spazio fotografico dedicato agli avvenimenti salienti. Lo stesso dicasi di quelle nuove piattaforme informative che rispondono al nome di The Huffintgton Post o The Daily Beast tanto per citare i due ex blog più famosi.

In qualche modo quel fantastico laboratorio che é Mediastorm ci conferma la peculiarità dell' apparato multimediale, che può essere bello, interessante ed innovativo nell'informazione, ma deve un po' avere le caratteristiche di un film, e come questo deve essere pensato e finanziato opportunamente. Non è la sommatoria di fotografia più testi o più colonna sonora.Altrimenti diventa soltanto un giochino per aumentare il traffico. Nulla più.

Ho la netta sensazione che i nuovi supporti attraverso i quali passa l'informazione abbiano fatto altro che aumentare la necessità di fotografia, per il semplice motivo che il web di certo si legge ma sopratutto si guarda. Il minimo che si possa dire é che Il mondo serio dell'informazione ha un atteggiamento discreto rispetto ai video ed alla multimedialità in generale per il semplice fatto che quella fatta bene costa e necessita di risorse che spesso non si hanno: mi pare che il giornalismo serio, al contrario dei nostri giornali, sulla qualità non faccia sconti: Con la fotografia invece si va sul sicuro. Una galleria fotografica contiene ancora tutta la sua immediatezza e velocità di comunicazione; in più, se prima difficilmente si potevano pubblicare 15 immagini su un quotidiano, adesso invece diciamo che si può “approfondire”. E poi mi sembra venga presa come una vecchia compagna di strada affidabile e non estranea al giornalismo scritto.

  • fonte: Screenshot tratto da Time.com www.time.com/time/picturesoftheweek

La multimedialità è ricca di sviluppi e potenzialità, se accortamente usata e finanziata, ma non bisogna confondere la tv con il web: quello che con la prima funziona non è detto che sia immediatamente applicabile a questo: basti pensare alla soglia di attenzione:  un documentario di mezz'ora va bene su un canale tv, di certo non si può pensare allo stesso prodotto sul web dove, dopo i tre/quattro minuti già ci si stanca e si perde la concentrazione: ergo, quel che va sul web va prodotto per il web ( o quantomeno fortemente editato per esso). C'è un altro aspetto non da poco: al di la dei giornali italiani che hanno passato gli ultimi 15 anni a rincorrere la televisione (che è un po' come stare dietro alla propria ombra), le versioni web della carta stampata sono comunque dirette da gente che è nata con la penna in mano e le redazioni sono state unificate, perché mai dovrebbe abbandonare la peculiarità di quel linguaggio in nome di un altro, visto, se non come nemico, di certo come temibile concorrente?

 

Per quel che può valere, continuo a ritenere l'immagine fissa superiore a qualsiasi altro tipo di supporto narrativo. In termini di riflessione, in termini di tempo e nei confronti della storia.

Continuo a ritenere che sarà una foto a rammentarci i fatti salienti dell'umanità attraverso cui siamo passati.

L'immagine in movimento è come se invecchiasse precocemente e avesse insita nel suo scorrere la difficoltà ad instillare riflessione, a sommarizzare tutto quello che invece un fermo immagine può raccogliere. come se pagasse la mancanza di autorevolezza che invece ha ancora la  carta, attraverso la quale  in fin dei conti è passato  il progresso dell'essere umano. Questo almeno fin quando non saranno sostituiti i libri di storia con l'ipad .