La guerra del golfo ha aggiunto un altro capitolo alla storia dei falsi nella fotografia giornalistica. Nelle numerose riflessioni che stampa e televisione hanno redatto sul proprio ruolo, compito, limiti, etica, redatte per riempire gli spazi vuoti causati dall'assenza di reali notizie intorno ad un conflitto in cui - come ovvio - le parti erano fortemente impegnate ad imbrigliare e censurare i media, anche il tema dei falsi nella fotografia giornalistica ha avuto l'onore della prima pagina.
L'immagine del cormorano incatramato sulle rive del mare coperto di petrolio, oltre ad essere stata uno dei simboli del conflitto, è stata anche il bersaglio delle polemiche. L’oggetto del contendere era la presenza dei cormorani in quell’area in quella stagione ed anche la presenza della macchia di pretrolio.
La vicenda inizia il 23 gennaio del 1991 in Arabia Saudita a sud di Kafji, a 5 km dalla frontiera con il Kuwait . La zona, vietata ai giornalisti, è teatro dei combattimenti fra le truppe irachene sconfinate e le forze della coalizione. Sono ugualmente presenti i fotografi George Merillon dell'agenzia Gamma, Patrick Durand di Sygma e l'operatore Peter Sharpe dell'Indipendent Television News (ITN) inglese. Fanno parte di quel gruppo di reporter che durante il conflitto si è idealmente riunito sotto la colorita sigla FTP (Fuck the Pool) quando i pool dei giornalisti erano normalmente organizzati e strettamente controllati dal comando militare della coalizione. Tutti e tre riprendono il cormorano vittima di una macchia di petrolio fuoriuscita dalla raffineria locale durante i combattimenti di quei giorni. Il 25 gennaio le immagini girate dalla ITN entrano nel circuito internazionale contemporaneamente all'annuncio del Pentagono dell'esistenza di una grande macchia di petrolio proveniente dal terminal di Sea Island al largo del complesso kuwaitiano di Al-Ahmadi posto a più di 4O miglia a nord di Kafji. Lo stesso giorno la Associated Press diffonde la prima fotografia del cormorano, pubblicata dal Washington Post e regolarmente firmata “Indipendent Television News via Associated Press”, tratta appunto dal filmato della televisione inglese girato a sud di Kafji. La didascalia fa giàriferimento erroneamente al terminal di Sea Island. Le fotografie dei reporter delle agenzie arriveranno sui tavoli delle redazioni dei settimanali quando il piccolo cormorano coperto di petrolio è ormai diventato il simbolo del disastro ecologico della guerra. A nessuno importa pi_ se il petrolio che lo ha fatto morire proveniva dalla raffineria di Kafji o dal terminal di Sea Island: le didascalie non lo specificheranno mai.
Solo nelle polemiche sulle censure e la propaganda di guerra il "caso" verrà alla luce. Sono gli ornitologi francesi consultati da L’Evènèment de jeudi a sostenere che i baby cormorani con quelle piume sul collo, nel Golfo, non ci sono in quella stagione ma soltanto in primavera; quindi, secondo Antoine Rielle le fotografie distribuite dalla Reuter (non si parla di AP, Sygma, Gamma) risalgono alla guerra Iran-Irak del 1983.
L'uscita del comunicato del Pentagono, l'arrivo nei circuiti internazionali dei filmati e delle fotografie, la mancanza di informazioni globali sulle fasi del conflitto da parte di fotografi e operatori autori delle immagini sul campo, tutto, unito alla facilità con cui nelle redazioni si ricorre ad immagini d'archivio o filmati di repertorio, ha favorito la scarsa attenzione nella stesura delle didascalie. A questo si aggiunga la prassi corrente nei media di cercare sempre immagini spettacolari e simboliche - più che mai forte in questa occasione - e il "caso" del falso cormorano è fatto, pronto per riempire, come si diceva, gli spazi vuoti lasciati dalla censura militare nelle pagine di quotidiani e periodici.