A cura di Alessandra Mauro

I custodi dei fratelli

Fotografie di: Jacob Riis, Lewis Hine, David Seymour, Marc Garanger, Peter Magubane, Bob Adelman, Philip Jones Griffiths, Li Zhensheng, Gianni Berengo Gardin, Carla Cerati, Luciano D’Alessandro, Josef Koudelka, W. Eugene Smith, Raghu Rai, Sebastiao Salgado, Igor Kostin, Donna Ferrato, Gilles Peress, Tom Stoddart, Ulrik Jantzen, Juan Medina, Lucinda Devlin. Da Jacob Riis a Lucinda Devlin, dalla vita negli slums newyorkesi di fine ottocento alla algide e asettiche immagini delle camere della morte negli Stati Uniti della pena capitale di fine millennio, 20 storie di diritti violati nelle immagini di 22 fotografi. Per raccontare che la storia, lungi dall’essere finita il giorno del crollo dell’URSS, continua con suo il solito carico di violenze orrori, ma anche di lotta e di speranza per milioni di uomini. La fotografia, utilizzata come strumento consapevole di denuncia, esprime qui tutta la sua forza e contemporaneamente anche i suoi limiti. Limiti che emergono per negazione, dal confronto tra la capacità comunicativa informativa e civile della fotografia presentata in questo libro e quella della comunicazione in tempo reale delle breaking news. Già dalla scelta della curatrice Alessandra Mauro si pongono le premesse perché il discorso sia efficace: sono stati selezionati fotografi che hanno coscientemente utilizzato la fotografia come mezzo di denuncia, consapevoli di quanto stavano facendo, mai testimoni occasionali di eventi capitati sotto i loro occhi per puro accidente. La natura fortemente progettuale contribuisce a dare profondità a tutto il racconto, che si snoda attraverso storie lontane tra loro nel tempo e nello spazio, ma che sembrano puntate successive della medesima sofferenza umana e della stessa violenza dell’uomo sull’uomo. Presentati da schede informative che ancorano ciascuna storia al contesto culturale storico e politico in cui sono stati prodotti, i 20 lavori testimoniano le possibilità del mezzo e, come si diceva prima, ne definiscono anche i limiti: ben diverso effetto avrebbero le stesse immagini pubblicate distrattamente e casualmente, prive di contesto storico e spazio-temporale: sarebbero solo altre immagini inutili di dolore e di sofferenza, che avrebbero sì un effetto anestetizzante, dovuto non tanto alla quantità, piuttosto all’intercambiabilità, all’indifferenziato da cui sembrano provenire e a cui si rivolgono. Ciascuna fotografia di questo libro è riconducibile a un pensiero a un’idea dell’uomo e della storia, è collocabile nello spazio-tempo e dunque presentata da approfonditi testi introduttivi, a cura di Alessandra Mauro Alice Tudino e Alessia Tagliaventi, che di queste fotografie spiegano il contesto, che dicono quello che le immagini non sono in grado di raccontare: le premesse storiche, le conseguenze, le ragioni economiche e politiche delle scelte e delle azioni dei soggetti coinvolti, colmando con la parola i limiti dell’immagine fotografica: anche la foto più straziante non può, se non adeguatamente collocata nella storia nell’economia e nella politica, che indurre a un generico compatimento, a una pietas meta-storica e perciò inutile. Immagini anche molto meno patetiche, come l’unica riuscita a Igor Kostin nel giorno dello scoppio del reattore 4 di Chernobyl, con la forza della documentazione e della denuncia inducono a una vera riflessione, permettono una presa di coscienza, anche politica, perché fanno risalire con chiarezza alle ragioni e alle responsabilità di persone organizzazioni gruppi nelle sciagure che affamano distruggono violentano la vita e la dignità di altre persone. “I custodi dei fratelli” ci dice che la fotografia non deve genericamente commuovere o stupire o indignare, o perlomeno non deve fare sempre e solo quello, ma deve piuttosto fornire prove documentazioni e dati per capire cosa è stata la nostra storia e per aiutarci a costruirne un’altra. Federico Della Bella