Antonio Pascale ha attraversato l’Italia, percorrendo, solitario o con occasionali compagni di viaggio, strade principali e secondarie, seguendo idee, mete mai raggiunte, obiettivi cambiati e dimenticati, sostituiti da nuove suggestioni, da altre storie. Accanto a questo viaggio, meglio intersecato a questo, ci sono i 4 viaggi di 4 fotografi, Francesco Cocco, Lorenzo Cicconi Massi, Daniele Dainelli e Massimo Siragusa, che hanno seguito diversi percorsi geografici e visivi, formando un racconto a più voci sull’Italia di questi anni.
Un viaggio appassionante attraverso un Paese fermo, culturalmente e socialmente probabilmente in stallo da anni, vittima di antichi mali. Che questi vengano da lontano dovrebbe essere ovvio per chiunque conosca la storia dello sviluppo economico e sociale del nostro Paese. La persistenza di un clamoroso divario nord-sud, la speculazione edilizia e l’abusivismo, le contraddizioni della cosiddetta “terza Italia”, l’individualismo e il familismo, il provincialismo, ma anche l’enorme patrimonio artistico e culturale sono alcuni degli aspetti dell’Italia contemporanea espressi in forma visiva e letteraria.
L’ironia affilata di Pascale, che nel rispetto del paesaggio fissa il primo punto per una possibile rinascita di una comunità a brandelli, l’impegno civile di Cocco, le visioni di Cicconi Massi e l’analisi del territorio, devastato da uno sviluppo, edilizio e dunque economico, irrazionale e approssimativo, di Siragusa e Dainelli, raccontano l’Italia di oggi, ricordando i miti e gli errori del passato, dicendoci cosa siamo diventati e perché. Pascale arriva perfino a smitizzare il cosiddetto “miracolo italiano” e la sua idea di progresso, dimostratosi non così lungimirante e straordinario come l’agiografia l’ha descritto per anni. L’Italia delle Smart, di Men’s Health, l’Italia stracciona del consumismo nascono anche da lì e il sogno di quegli anni sembra essersi rattrappito, per manifestarsi in goffe parodie. Andare a cercare la curva del Sorpasso, dove si schiantò Trintignant, non serve a nulla, quell’Italia è persa, l’occasione di un altro sviluppo doveva nascere allora, oggi possiamo provare a ricominciare, partendo magari dalle comunità fino a oggi escluse dal potere e tenute ai margini, quando non criminalizzate, come quelle degli immigrati.
Intrecciate al testo ci sono le fotografie di quattro autori di Contrasto, che hanno raccontato dei frammenti d’Italia, dagli immigrati e dei loro riti di Francesco Cocco, alle strade, alle piazze, ai passanti delle Marche di Cicconi Massi, al paesaggio amorfo e destrutturato, privo di luoghi pubblici, ma pieno di svincoli, cancelli, fabbriche, cartelli, palazzine, ripreso da Daniele Dainelli nel Veneto profondo, fino alle coste italiane, da Roma alla Sicilia, punteggiate dai segni del turismo di massa, della speculazione edilizia e dell’immensa periferia, fotografate da Massimo Siragusa.
Cocco analizza, con il linguaggio del reportage classico, in un bianco e nero drammatico dai forti contrasti, i riti religiosi di alcune comunità di immigrati del Veneto e dell’Emilia. Grazie alle immagini e al testo veniamo in contatto con queste comunità e troviamo la conferma di un fatto occultato dalla rilevanza sbilanciata che i mass media dedicano alla questione, e cioè che, tra gli immigrati, la presenza musulmana non è maggioritaria, anzi oltre il 50% degli stranieri che vivono in Italia è di cultura cristiana, di cui segue riti e usanze.
L’Italia centrale di Cicconi Massi sembra conservare un legame profondo con la propria cultura e la propria storia, esemplificata nel riferimento stilistico di Cicconi Massi al racconto di Mario Giacomelli, in un bianco e nero grafico e fortemente simbolico, quasi a-storico, in cui il rapporto dell’autore con il territorio e le sue genti è più esistenziale che documentario, in definitiva molto personale. Non per niente Cicconi Massi, nelle sue note in chiusura al libro, confronta il gioco dei ragazzini che incontra nelle piazze delle Marche con il se bambino di un tempo, che in quelle stesse strade giocava con gli amici alcuni anni prima. La continuità è il carattere essenziale di questo territorio, di questa Italia che pare non essere stata ancora investita dagli sconvolgimenti della globalizzazione.
Dainelli e Siragusa utilizzano solidi modelli della cultura fotografica italiana, da Viaggio in Italia in poi, nell’analisi e nella rappresentazione dello spazio italiano.
Dainelli documenta l’enorme periferia, ormai una costante nel paesaggio post-industriale veneto, in cui semplicemente non sono previste infrastrutture o luoghi pubblici, e lo sviluppo incontrollato e anarcoide disegna un paesaggio tortuoso e frammentato, fatto di cancelli, scheletri di palazzine e villette in costruzione, incongrui monumenti, ornamenti e fregi pacchiani, pagani, religiosi e classicheggianti allo stesso tempo, in un accostamento di stili e modi privo di qualsiasi progettazione o logica.
Il viaggio di Massimo Siragusa, dalle coste del Lazio fino alla Sicilia della valle dei templi, prosegue il racconto del fotografo siciliano dei luoghi del tempo libero degli italiani, mescolati a incastrati tra scheletri di costruzioni, aree e fabbriche dismesse e abbandonate, periferie geometrili e anonime, in un paesaggio che non è mai pacificato e che, laddove non è assediato da scempi e brutture industriali e post-industriali, diventa grottesco luna park, caricatura stereotipata, divertimentificio coatto. I toni tenui di Siragusa addolciscono il contraddittorio paesaggio, ma contemporaneamente accrescono la sensazione di galleggiamento e di estraneità a una realtà a cui è difficile realmente appartenere.