"È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista."
Queste parole, piuttosto chiare, sono contenute nel XII punto delle Disposizioni Transitorie e Finali della nostra Costituzione. Verrebbe voglia di rispondere così ai membri di Casa Pound e dell'estrema destra incontrati da Marco Mathieu e Alessandro Cosmelli e raccontati con parole e immagini.
Gli slogan, i riferimenti militareschi, la simbologia, l'armamentario, i miti sono più o meno sempre quelli, quelli delle varie correnti delle destre fasciste italiane del secondo dopoguerra. Le tesi, anche le più bislacche, sono espresse con granitica certezza (chissà se si esprimono sempre con le stesse irrevocabili formule. La vita non sarà una passeggiata ma non siamo ancora in guerra fino a prova contraria). Quando poi si sente dire uno dei sedicenti leader, Gianluca Iannone, definire il gruppo underground ZetaZeroAlfa, nientemeno che "il punto di rottura nella scena musicale contemporanea ", pare davvero che niente di grave possa accadere. A Casa Pound poi ci si sente molto innovativi (in effetti Ezra Pound è del 1895 ed è politicamente morto con la RSI! appena l'altroieri) e ci si definisce sobriamente "l'estremo centro alto", ennesima parola d'ordine, ripetuta come un mantra. Come spesso avviene per i movimenti fascisti non c'è una grande coerenza nei riferimenti culturali: da Fahraneit 451 a Tolkien, dal già citato Pound alla cultura da curva da stadio. Anche se i vecchi legami non si scordano mai (sindrome da album di famiglia?): ecco dunque il simpatico legame con il gruppo terrorista Terza Posizione. I giovani dell'estremo centro alto credono alla giustizia sociale, ma solo per i membri bianchi e italiani della loro comunità, certo non per stranieri ed immigrati, esclusi da un solidarismo da caserma, fondamentalmente gerarchico e anti-egualitario.
I neri profondi del bianco e nero molto contrastato di Cosmelli sono in tono con gli umori e gli amori dei gruppi e dei singoli ritratti con indosso divise militari, bomber, teste rasate, in perenne atteggiamento di guerra e sfida contro tutto e tutti.
Impermeabili al dubbio e all'ironia, sembrano rifiutare la complessità della vita e dei sentimenti umani, le debolezze e in fin dei conti la realtà, che rifuggono, nascondendosi in gruppi chiusi, prevalentemente maschili, in scantinati, stazioni abbandonate, campi di periferia adibiti a esercitazioni militari, prove di forza e di coraggio. Sempre a metà tra la parodia e la tragedia.
Stupisce che Cosmelli e Mathieu abbiano potuto raccontare così dall'interno il movimento, che si è concesso sia all'obbiettivo per ritratti individuali e scene di azione, sia al racconto, non omettendo nomi e cognomi.
Se alcuni personaggi appaiono lombrosianamente poco rassicuranti, altri, come Malvina, Priscilla o Zippo, sembrano tutto sommato persone normali. Borghesi si sarebbe detto una volta. Tuttavia, senza vergogna nè problemi prestano i propri nomi, i propri volti, le proprie vite per un'ideologia estrema e in fin dei conti violenta, marginale, sbagliata.
Lo straordinario reportage ci dice che nell'Italia del 2009 ci si può tranquillamente definire fascisti.